giovedì 18 ottobre 2012

La serie Psy/Changeling di Nalini Singh finalmente in Italia

Per festeggiare la (ormai prossima?) uscita del primo volume della serie Psy/Changeling di Nalini Singh grazie alla Casa editrice Tre60, vi offro il prologo del romanzo, in una traduzione amatoriale fatta da me, che ha il solo intento di stimolare la conoscenza della serie e l'acquisto del libro, la cui traduzione sarà spero ancora migliore.
Il titolo che ho messo per l'italiano ovviamente falsa il senso dell'espressione inglese, ma secondo me rende meglio le complesse dinamiche e la profondità dei temi che il libro affronta, mescolandoli ad una splendida storia d'amore.



Slave to sensation – La forza dei sentimenti

Prologo

Nel 1969 il Consiglio Psy, tentando di ridurre l’incidenza sempre maggiore e ormai inarrestabile di follia e omicidi nella popolazione Psy, decise di sviluppare un programma rigoroso denominato Silenzio. Lo scopo di Silenzio era condizionare i giovani Psy fin dalla nascita. Lo scopo del condizionamento era insegnare loro a non provare rabbia.
Tuttavia, il Consiglio presto scoprì che era impossibile isolare quell’unica emozione. Nel 1979, dopo un dibattito decennale tra le milioni di menti della RetePsy, fu deciso di modificare lo scopo di Silenzio. Il suo fine divenne quello di condizionare i giovani Psy a non provare nulla. Non rabbia, non gelosia, non invidia, non gioia, e certo non amore.
Silenzio fu un clamoroso successo.
Nell’anno 2079, quando ad essere state condizionate erano ormai la quinta o la sesta generazione di Psy, tutti avevano dimenticato di essere mai stati diversi. Gli Psy sono oggi conosciuti per il loro ferreo, glaciale controllo, per il senso pratico disumano, per le capacità tecniche e la totale mancanza di qualsiasi impulso alla violenza.
Occupano gli alti vertici dei governi e degli affari, eclissando sia gli umani che i mutaforma, razze che si lasciano dominare dalla loro natura animale. Con capacità mentali che vanno dalla telepatia alla preveggenza, dalla telecinesi alla psicometria, gli Psy considerano sé stessi un balzo avanti nel processo evolutivo.
In accordo alla loro natura, basano tutte le proprie decisioni sulla logica e l’efficienza. Secondo la RetePsy, la loro percentuale di errore è prossima allo zero.
Gli Psy sono perfetti nel loro Silenzio.

Speriamo che venga riproposta una delle due copertine originali, sono splendide!




mercoledì 17 ottobre 2012

Aspettare

Se una donna ti fa aspettare, significa che vuol farsi desiderare, quindi le piaci.
Se un uomo ti fa aspettare, significa che sta prendendo le distanze.




"Farsi attendere è farsi desiderare". (Nikita di Luc Besson)
"Un troppo lungo desiderio rende di pietra il cuore". (Libro dei Proverbi)




domenica 14 ottobre 2012

Love is rare enough...


Love is rare enough in this life,
that when you come acrost it
you'd best grab ahold,
and hang on for dear life.

Pamela Morsi, Marrying stone

Egon Schiele

domenica 7 ottobre 2012

Libri del mese


Libri del mese

Ottobre 2012

(in ordine di lettura)



Larissa Ione, Peccato eterno, Leggereditore, Roma 2012

Gena Showalter, Signore dei vampiri, Harlequin Mondadori 2012

Jill Monroe, Signora della foresta, Harlequin Mondadori 2012

Pamela Morsi, Marrying stone, 1994

Ilona Adrews, La città delle tenebre, Nord, Milano 2012

J.A. Aiken, How to drive a dragon crazy, Kensington, New York 2012


sabato 6 ottobre 2012

Appuntamento al Ritz vs La ragazza fuori ufficio

Ultimamente un'amica mi ha prestato una serie di libri carini, ma non eccelsi (Un regalo da Tiffany è uno dei titoli e dà l'idea della tipologia). Nel giro di due giorni ho letto due libri di due autrici giovani, entrambe presentate nel retro di copertina con un riferimento a Sophie Kinsella, entrambe presentate come divertenti, acute, rilassanti: Appuntamento al Ritz, di Hélène Battaglia, e La ragazza fuori ufficio, di Nicola Doherty.
Due libri che per me sono totalmente agli antipodi, sia come capacità di scrittura sia per la tessitura della storia sia per la caratterizzazione dei personaggi.




Hélène Battaglia ha uno stile semplice, giovanile, che per questi libri sarebbe proprio adatto. Tuttavia si perde nel banale, nell'ovvio e, quel che è peggio, nel compiaciuto. I cataloghi delle mises della protagonista Hope ammiccano spudoratamente alle grandi marche, tanto da sembrare una recensione di una sfilata o un articolo di un settimanale femminile; c'è una continua insistenza su certi status-symbol (che ovviamente alla fine Hope ottiene), ma con la scrollata di spalle del dire che non sono le cose che contano; Hope è del tutto fittizia come personaggio: riesce in tutto, non si sa bene come (con enormi e sfacciate falsità! Che una persona da sola riesca a sistemare una suite di un hotel 4 stelle in mezz'ora è assolutamente impossibile: ci vuole un'ora per pulire a fondo e preparare una camera standard in un hotel 3 stelle per chi è bravo, veloce e abituato!); le si dice che sia tanto comprensiva, ma nella gran parte dei dialoghi interagisce a monosillabi e le persone si aprono con lei...così, non si sa bene perché;  per finire, è un personaggio che mi è risultato piatto, falso e ipocrita, un desiderato compendio di tutte le qualità che riesce a essere solo un compendio di boria.  La storia è prevedibile (lui e lei vanno entrambi in Inghilterra in modo autonomo...ovviamente si ritrovano nello stesso posto! Lei ha legato con una ragazza...ovviamente è la sorella di lui! Lei diventa amica di una tale...che ovviamente le compra completi di marca e le offre un lavoro! Va a veder una sfilata...ovviamente la fanno sfilare!), i personaggi stereotipati, il protagonista maschile assolutamente piatto (e anche lui esagerato: studente alla Sorbona - modello superbello - conte inglese...quasi quasi mi aspettavo che avesse già vinto il Nobel). A parte questi elementi, ciò che più mi ha dato fastidio è che la scrittrice vuole dirmi come interpretare le cose. Non me le descrive, mi dà già il suo giudizio preconfezionato. Ultimamente leggo molto scrittrici americane, sia tradotte che in lingua originale, e mi sono abituata a vedere messa in pratica la regola di raccontare, non giudicare, di descrivere e non spiegare. Quando una scena è infarcita di aggettivi quali "bellissimo, stupendo, meraviglioso", mi dispiace, io non vedo niente, se non una scrittrice che mi vuole buttare fumo negli occhi. E questo mi irrita: se la scrittrice descrive ciò che succede, ciò che si dicono i personaggi, ciò che fanno, io poi giudicherò se è "meraviglioso" o no. Se non mi dice niente se non che è "meraviglioso", io so solo che la scrittrice lo reputa meraviglioso. Ma che cos'è? Perché non lascia il giudizio nelle mie mani?
 L'ultimo difetto: la mancanza di ironia. Dio, come volevo che in qualche passaggio saltassero fuori, che so, Derek Zoolander o Mister Bean...I personaggi di questo libro si prendono sul serio dall'inizio alla fine e, considerato che macchiette sono, per me è stato un po' penoso leggerne storie e riflessioni.

L'altro libro, La ragazza fuori ufficio, è frizzante, ricco di humor, caratterizzato da personaggi verosimili e accattivanti: la protagonista è carinissima, una vera "ragazza normale" con tutte le paturnie del caso; lei dialoga veramente con chi ha davanti e la scrittrice ci mostra perché le persone decidono di aprirsi con lei o coinvolgerla nelle loro vite; niente è prevedibile, ma la storia si dipana naturalmente e in modo sensato (a parte forse il finale, che ho trovato un po' ovvio per la modalità di svolgimento) e ha tocchi di intensità improvvisi, delicati e intensi. I personaggi non si smentiscono, ma sono in grado di cambiare ed evolversi nel corso della storia, prima fra tutte la protagonista; i dialoghi sono spontanei, veridici, acuti, i luoghi e le situazioni dettagliati, accurati, ma non noiosi né triti. C'è una prospettiva molto seria sul mondo che circonda il giovane attore in vacanza-lavoro: non è tutto oro quello che luccica. Ci sono relazioni di amicizia e di amore che vengono tratteggiate rapidamente, ma in modo tale da apparire chiare e sensate. C'è ironia, anche da parte della protagonista riguardo a se stessa e accenni di commozione in alcuni luoghi. Ci sono punti del libro da cui scaturiscono riflessioni forti sul senso della propria attività lavorativa, sul mondo dello spettacolo e le sue falsità, sulla capacità di ripartire da zero dopo una batosta, e questi spunti di riflessione non arrivano in modo moralmente imposto o aprioristicamente deciso dall'autrice, ma semplicemente perché è quello che capita ai personaggi che ti fa pensare: li si vede nella storia.
La lingua dell'autrice è scorrevole, ma non banale, acuta e moderna, ma capace di approfondimenti e sfumature. Ottimamente svolto, un degnissimo esordio a mio parere, e un libro che ho gustato molto!