lunedì 28 luglio 2014

Dai RITA Awards all'edicola sulla Via Emilia

Anche quest'anno ci sono delle vincitrici dei Rita Awards (http://www.rwa.org/p/cm/ld/fid=1341), i premi più importanti dedicati al romance secondo le sue varie suddivisioni (historical romance, contemporary romance, suspense, paranormal, eccetera). E' il riconoscimento più noto e ambito negli Stati Uniti e forse nel mondo, dato che nessun altro paese ha un premio di così vasta eco per questo genere letterario.


Il premio. E raffigura...


...una donna con un libro sulle ginocchia e una piuma in mano.
Piuma non per la cipria, ma come si userebbe ad Hogwarts, o ai tempi della cara Jane.

Già, il romance, o romanzo femminile, è un genere letterario. Ha addirittura dei sottogruppi, ebbene sì. E' molto letto, e non perché le donne siano tonte o sempliciotte o creature facili da intortare da spietati edicolanti. Vende, nonostante tutto. Soprattutto, piace.
Del perché i romanzi contino, altre meglio di me hanno già detto e diranno anche quest'anno nel Read-a-romance-month (http://www.readaromancemonth.com/).




Io aggiungo solo una piccola riflessione, e riferita a un ambito specifico all'interno del romance stesso, che mi occupa la mente da qualche tempo.

In Italia abbiamo due categorie di libri: i libri della libreria e i libri da edicola. Questi ultimi hanno da sempre dovuto affrontare tutta una lunga serie di pregiudizi e stereotipi, cosa del resto condivisa in modo del tutto immeritato da altre pubblicazioni vendute in edicola, i fumetti. Che siano libri di serie B, che non vadano neanche considerati nell'ambito delle cose che si leggono, che siano sottoprodotti di un mercato anche troppo prolifico, che finisce per beneficiare "sottocategorie" di persone: casalinghe annoiate, studentesse cretine, deficienti vari, che invece dovrebbero mettersi a leggere SUL SERIO COSE SERIE. I critici della letteratura ci hanno sempre detto che dovremmo leggere i grandi classici  (Tolstoj, Dostoevski, Calvino, Mann, Steinbeck, Joyce) e lasciar stare queste sciocchezze, o seguire i loro consigli e leggere volumi che valgono. (...) (La parentesi significa che un'altra volta dirò quello che penso dei suggerimenti letterari dei critici, e degli autori che pare vendano in Italia.)

 


L'opinione si è così diffusa che ormai è diventato addirittura un riferimento universalmente noto, come anche l'altro giorno una mia amica riportava (facendomi cadere le braccia): "Ma è un Harmony!", detto ovviamente storcendo il naso e con tono lievemente scandalizzato (ed era pure riguardo a Crazy thing called love di Molly O'Keefe, niente di meno!). O: "un romanzo da edicola" (già, stare troppo vicino alle strade non depone mai bene a favore del prestigio personale), o "romanzetto harmony" (il vezzeggiativo sarà per la dimensione o la caratura che si presume il testo abbia?). E questo conferma un'idea stabilitasi nel tempo, e dimostrata da tanti commenti, nel corso degli anni, che andavano dai più rispettosi "ma non leggerai quei libri lì?" ai plateali "Oh no, da te proprio non me lo aspettavo, una persona come te che legge queste cose?!".
E va beh. Con alcuni si poteva parlare, con altri era meglio lasciar stare: un sorriso imbarazzato, e il pensiero netto: per me l'ignorante sei tu.



Nel corso degli anni le case editrici che hanno pubblicato questi romanzi si sono ampliate al di là della Harmony (e ricordo con piacere alcune letture davvero scandalizzanti, ma oserei dire anche rivelatrici), e le stesse editrici hanno creato anche collane nuove, alcune ancor oggi prospere, altre cessate (l'atipica e forse malcompresa Fantaluna, cui devo Il risveglio del re di Deborah Hale).

Io ancora oggi mi chiedo se qualcuno dei detrattori abbia letto davvero anche solo uno di questi libri.
Sì, è vero: molti non erano di alto valore. Alcuni lo sarebbero stati, ma erano tagliati per restare nel numero delle pagine che il formato imponeva (sì, ecco perché sembrava che ad un certo punto le cose succedessero all'improvviso, ad esempio l'innamoramento o la rivelazione del misterioso segreto!) e ovviamente questo snaturava l'opera. Altri erano ripetitivi. Altri non particolarmente ispirati.
A volte però c'era l'autrice che ti catturava (Janet Dailey). A volte c'era quella che in 100 pagine ti faceva ridere (Dixie Browning, Liz Fielding). A volte c'era quella che ti commuoveva (Anne Mather, Barbara Delinsky). A volte c'era quella che...ti svelava nuovi orizzonti in un campo ancora di là da venire (la serie Bluemoon!). A volte c'era quella che riprendeva il tema noto (americana e greco, americana e italiano, infermiera in Africa/SudAmerica/Asia e medico rude ma competente-ricco-bello-umanitario, ragazza in carriera/manager al top, inglesina pasticciona/lord super cool) e, improvvisamente, lo trasformava in qualcosa di nuovo (Jude Deveraux, Stephanie Laurens, Debra Lee Brown). Magari era uno ogni dieci, ma c'era. E intanto tu leggevi, e sognavi, e imparavi abitudini, pensieri, modi di vivere e di fare. Non sarà stato il National Geographic, ma era informazione.
E divertimento, rilassamento, evasione, interesse, ricerca, comprensione.
Mica cose da poco.



E questo succede ancora: Elizabeth Hoyt, Gena Showalter, Nora Roberts, Nicola Cornick, Julia Quinn, Lisa Kleypas le possiamo trovare nei volumi in edicola, e alcuni dei loro libri sono godibilissimi.

E un'altra cosa ho sempre apprezzato, e apprezzo ancora.
Questi libri erano, e in gran parte ancora sono, tradotti bene. Il che dovrebbe essere un elemento ovvio e naturale, normale, in un libro, e invece è sempre più raro, e non solo nelle pubblicazioni di romance. L'italiano che usavano e usano questi libri "da edicola" era ed è corretto. I termini specialistici ben resi, le nuances e i cambi di registro ben riportati. L'humor no, se non in rari casi, ma questo sto iniziando a pensare che sia impossibile, se non in rari casi (gli aforismi di Oscar Wilde sono ancora oggi godibilissimi, anche in italiano, ma chi altri vi viene in mente? E' inutile, l'humor inglese si apprezza leggendo in inglese...).




Oggi trovi in libreria dei volumi che sono illeggibili per gli errori che contengono. Errori tipografici, di senso, di concordanza, di riferimenti. I pasticci sono talmente tanti che la lettura diventa uno stillicidio, un continuo grattare di unghie sulla lavagna dell'amore per la lingua e per il senso delle cose. L'industria dell'editoria pare non lasci tempo e spazio di lavoro ai traduttori, o forse...non ci sono più i traduttori di una volta. Ma in questo caso, e parlando terra terra, perché spendere 12 euro per un volume tradotto orribilmente piuttosto che 6 per uno tradotto decentemente, a prescindere da dove lo compri?



Ora, io la scelta l'ho fatta ed è stata un po' più radicale, cioè iniziare a leggere in inglese, e questo ha portato a una serie di conseguenze: mi risparmio delle delusioni e arrabbiature, miglioro il mio bagaglio personale, mi delizio nel cogliere sfumature, caratteristiche personali dello stile delle autrici, umorismo e  commozione, che tante volte andavano persi nella traduzione.
Questo però non toglie che ogni tanto un volume in edicola io lo compri. Perché so che sarà tradotto in un certo modo, non dovrò star male perché non c'è un congiuntivo azzeccato e il periodo ipotetico è diventato fantascienza. Le pagine non si sfasceranno, e se lo dovrò ficcare in borsa, ci starà. E se lo porto al mare, se prende la sabbia...beh, ho poi speso 5 euro, mica 20.

 


E poi perché l'edicolante della via Emilia è davvero gentile, non posso non dare il mio contributo alla sussistenza del suo esercizio commerciale. Mi ha pure tenuto il portafoglio di mio figlio, lasciato sui giornali. Me l'ha tenuto per dieci giorni! E restituito con un sorriso. Perciò io i romanzetti da edicola continuo a comprarli. Li leggo. E alcuni me li gusto pure.


I love Shakespeare, but, as Beatrice says,
a prince is not for every day.
A romance, yes and beautifully.




Nessun commento:

Posta un commento