mercoledì 20 settembre 2017

Primo Levi in Yitzhak Katzenelson, Il canto del popolo ebraico massacrato

Anche Katzenelson, come la maggior parte degli scrittori, dei musici e dei teatranti yiddish, è poeta popolare: ma scaturisce e trae alimento da un popolo che è unico in Europa e nel mondo, un popolo in cui la cultura non è privilegio di una classe o di una casta, ma è di tutti e in cui il Libro ha sostituito la Natura in quanto fonte per eccellenza di ogni intuizione mistica, filosofica o poetica. Perciò non stupisce di ritrovare nel disperato e talora grezzo lamento di Katzenelson l'eco di parole eterne, la continuità e l'eredità legittime di Ezechiele, di Isaia, di Geremia e di Giobbe; né stupisce che egli stesso ne sia fiero e conscio: "...in ogni ebreo grida un Geremia, un Giobbe disperato". (...) ...alle domande del Giobbe moderno nessuno risponde, nessuna voce esce dal turbine. Non c'è più un Dio nel grembo dei cieli " nulli e vuoti", che assistono impassibili al compiersi del massacro insensato, alla fine del popolo creatore di Dio.

Primo Levi, dall'Introduzione a Yitzhak Katzenelson, Il canto del popolo ebraico massacrato

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