giovedì 3 gennaio 2013

I draghi




I draghi che mi hanno più colpita in letteratura si trovano nella Saga di Terramare di Ursula K. Le Guin. Chi ha letto questi libri avrà forse, come me, una strana sensazione di forza e la pelle d'oca al solo pensare il nome Kalessin.
Ne L'isola del drago e I venti di Terramare, gli ultimi due volumi della saga, è anche contenuta una delle storie più belle che siano mai state scritte. La riporto liberamente, dato che la storia in realtà è narrata varie volte, in modo differente o frammentario, da vari personaggi, prima che ne sia ricostruita l'interezza.

Una volta, gli esseri umani e i draghi erano una sola cosa e c’era una sola parola per chiamarli. Poi, un giorno, alcuni di loro dissero: “Teniamo, teniamo”, si fermarono e costruirono case e ponti e ammassarono ricchezze e impararono a lavorare la terra e a farla fruttare. Altri dissero: “Lasciamo, lasciamo” e non si attaccarono a nulla, continuando a volare e mantenendo anche la capacità di volare sul vento, oltre l’ovest. I primi divennero gli esseri umani. Gli altri furono i draghi. Ma per ricordare che essi una volta erano uno, ogni tanto nasce tra gli esseri umani qualcuno che è anche drago, e nasce tra i draghi qualcuno che è anche essere umano.


Un fotogramma dal lungometraggio animato dello Studio Ghibli dedicato alla Saga di Terramare (non un prodotto eccelso, ahimé). 


E' da un po' che mi chiedo come sia successo che la figura del drago, da sempre prevalentemente negativa in Occidente (si pensi solo alle tante raffigurazioni di San Giorgio e il drago) sia divenuta positiva. Se pensiamo alla letteratura occidentale classica, infatti, dalle saghe nordiche alle fiabe per bambini a Tolkien non c'è sostanzialmente mai una raffigurazione positiva del drago.




La concezione odierna del drago è stata probabilmente influenzata dalla sua presenza positiva nel mondo orientale, in particolare cinese e giapponese. Qui il drago è un elemento dell’acqua, legato al cielo e ai fiumi, favorevole in quanto portatore di vita. Non è pesante, ma leggiadro; non sputa fuoco, ma ha poteri.



Il primo di cui io sappia che ha presentato una nuova figura di drago in Occidente è Michael Ende, con Querquobad, il drago della fortuna de La storia infinita. Ricordo ancora il mio choc nel leggere di un drago buono
Tuttavia, è possibile che questa nouvelle vague draghesca sia dovuta semplicemente alla sua opera - per quanto altamente pregevole - e all'influenza delle culture orientali? Mi pare dubbio. Deve esserci dell'altro.

In effetti la figura del drago mi è nota anche per un altro motivo. In Romagna abbiamo la tradizione delle stampe di ruggine su tela. Dialogando con un artigiano del settore, gli dicevo come le mie immagini preferite fossero non tanto quella della caveja o della cornucopia, ma dei draghi, del grano e dell'uva. E lui mi disse che uno studioso di tradizioni popolari, una volta, dialogando su simboli e immagini, gli aveva detto che l'immagine del drago è una delle più antiche presenti nelle arti tessili (dagli arazzi alla tessitura al ricamo alle stampe di ruggine).



Se ci pensiamo, però, non è presente anche in alcuni stemmi? Non è il simbolo di alcune città (Lubiana, Cracovia...)? Però credo di ricordare che di alcune città è il simbolo in quanto sconfitto dall'eroe di turno che ne fa polpette e fonda la città, o la promuove liberandola dall'incubo orrendo. 



La questione è aperta alla ricerca. 

Interessante che anche questa figura, come quella dell'angelo, abbia avuto un prepotentissimo ritorno alla ribalta, soprattutto grazie alla letteratura fantasy e al cinema.
E così abbiamo avuto non solo i draghi della Le Guin, ma anche quelli super-hot della Aiken e di Thea Harrison. In effetti la loro caratteristica arroganza è andata aumentando di pari passo con la capacità di mutare forma e di relazionarsi (ehm...) con gli esseri umani. Per fortuna anche la capacità di opporsi e di duettare ironicamente degli esseri umani pare essere aumentata.
Abbiamo avuto le Cronache di Dragonlance di Weis e Hickman, che mi dicono pregevoli, ma anche il ciclo di Eragon di Christopher Paolini, che giudico piuttosto banale e scontato. 
Abbiamo avuto Dragonheart e Dragon trainer. E dobbiamo dire che sono entrambi prodotti gradevoli, soprattutto il secondo.
Abbiamo avuto i draghi di Escaflowne e quelli di Orphen, e Haku ne La città incantata.
Io non mi lamento.



2 commenti:

  1. Ciao! Cito Grisù, il draghetto che desidera fare il pompiere, ed Elliott il drago invisibile.

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  2. O.O Grisù lo ricordavo (e l'ho esplicitamente ignorato...), ma Elliott? Ho una vaga immagine, ma denuncio la mia ignoranza!

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