Ci hai fatto dono del libero arbitrio, ma è un dono pericoloso come un coltello affilato nelle mani di un bambino cieco o di un ubriaco che ha dimenticato persino il suo nome.
Signore, perché ci hai fatto provare la pace dell'Eden e poi ci hai condannati all'inquietudine? Signore, è forse nell'inquietudine che è racchiusa la nostra somiglianza con Te? In quell'inquietudine amara che Ti fece pentire d'aver fatto l'uomo sulla terra e Ti spinse a sterminarlo insieme al bestiame, ai rettili e agli uccelli dei cieli, mentre soltanto Noè trovò grazia al Tuo cospetto?
(pagg 48-49)
Sto tornando dai campi e forse per la prima volta mi rendo pienamente conto della bellezza di un tramonto estivo, quando da lontano mi giunge un canto di donna, dolcissimo e melodioso. Ecco, la paternità, il tramonto e il canto si fondono insieme e mi regalano uno squarcio di appagamento consapevole, cioè di felicità.
Ma questi rari fiori che sbocciano tra i rovi compensano la fatica e le pene quotidiane?
Signore, è davvero un grande dono la vita? L'assenza, la quiete del non essere da cui ci hai tratto impastandoci col fango non era forse preferibile a questo breve passaggio nel mondo? Breve rispetto all'eternità, e pericoloso, perché in esso ci giochiamo la salvezza o la perdizione.
Padre, madre, moglie: tutti sepolti. I controversi e ambigui affetti della mia vita se ne sono andati prima di me. Li ho perdonati dal profondo del cuore per ogni asprezza e offesa nei miei confronti, così come spero abbiano fatto loro nei miei, però non sono riuscito a dimenticare: l'oblio e il perdono purtroppo non sono indissolubili, su questa terra almeno.
(Pagg 69-71)
E tu, Signore mio, che il tuo nome sua sempre benedetto, perché ci hai creati a tua immagine e somiglianza, ma non ci hai concesso di capirti?
(Pag 35)
Margherita Oggero, Amen. Memorie di Isacco, Effatà editrice, Torino 2014.
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