martedì 26 giugno 2012

La mia Africa, di Karen Blixen



Bellissimo, commovente, scritto divinamente.
Ho finalmente letto La mia Africa di Karen Blixen, superando la fatica del confronto con il film, che io adoro, e il pensiero che le persone di cui la Blixen parla siano tutte morte e non ne rimanga traccia se non nel suo libro e in pochi altri luoghi. Questo mi aveva sempre fermato, in passato, oltre al fatto che, ovviamente, quando leggevo qualche brano su Denys mi venivano le lacrime agli occhi e interrompevo la lettura per troppa commozione.
Sì, ci sono alcuni elementi datati, come è ovvio che sia; sì, la scrittrice presuppone che noi conosciamo bene non solo le lingue europee, ma anche le loro letterature, per cui interpone spesso e volentieri citazioni (senza fonte, of course) di altri noti autori; sì, la scrittrice vive in un mondo in cui il riferimento biblico era ovvio e spontaneo, anche solo in modo proverbiale o di riferimento esemplare (e ringrazio Dio di poterli riconoscere), e in cui non si aveva paura di ragionare su Dio tra persone di fedi diverse. Grazie o nonostante tutto questo il libro è ancora un capolavoro. La descrizione dei rapporti umani, della vita in Africa, della natura, dei contrasti e degli incontri tra persone sono magistrali. Non è davvero un caso che alcuni suoi brani siano dei classici delle antologie per le scuole medie e superiori.
E ci sono una levità e una dignità che ormai trovo difficilmente nella letteratura, e una profondità di pensiero, di riflessione, di esperienza distillata e arricchita dal tempo che non sono davvero usuali né facili.

L'incipit.

In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong. A centocinquanta chilometri più a nord su quegli altipiani passava l'equatore; eravamo a milleottocento metri sul livello del mare. Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole, ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi, e di notte faceva freddo.



Altri brani molto belli.

“I bianchi cercano in tutti i modi di proteggersi dall'ignoto e dagli assalti del fato; l’indigeno, invece, considera il destino un amico, perché è nelle sue mani da sempre; per lui, in un certo senso, è la sua casa, l’oscurità familiare della capanna, il solco profondo delle sue radici.”

“A visitor is a friend, he brings news, good or bad, which is bread to the hungry minds in lonely places. A real friend who comes to the house is a heavenly messenger, who brings the panis angelorum.” 
“Perhaps he knew, as I did not, that the Earth was made round so that we would not see too far down the road.” 
“The Cicada sing an endless song in the long grass, smells run along the earth and falling stars run over the sky, like tears over a cheek. You are the privileged person to whom everything is taken. The Kings of Tarshish shall bring gifts.”

“The air was cold to the lungs, the long grass dripping wet, and the herbs on it gave out their spiced astringent scent. In a little while on all sides the Cicada would begin to sing. The grass was me , and the air, the distant invisible mountains were me, the tired oxen were me. I breathed with the slight night-wind in the thorn trees.”
“When in the end, the day came on which I was going away, I learned the strange learning that things can happen which we ourselves cannot possibly imagine, either beforehand, or at the time when they are taking place, or afterwards when we look back on them.”







Il brano che mi fa sempre salire le lacrime agli occhi, sia alla lettura che durante la visione del film.

"Ora io so una canzone dell'Africa - pensavo - una canzone della giraffa e della luna nuova sdraiata sul dorso, dell'aratro nei campi e dei visi sudati degli uomini che raccoglievano il caffé - ma sa l'Africa una canzone che parla di me? Vibra nell'aria della pianura il barlume di un colore che io ho portato, c'è fra i giuochi dei bambini un giuoco che abbia il mio nome, proietta la luna piena, sulla ghiaia del viale, un'ombra che mi somiglia, vanno in cerca di me le aquile del Ngong?"

"Io conosco il canto dell'Africa, della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso, degli aratri nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè. Ma l'Africa conosce il mio canto? L'aria sulla pianura fremerà a un colore che io ho avuto su di me? E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome? O la luna piena farà un'ombra, sulla ghiaia del viale, che mi assomigli? E le aquile sulle colline Ngong guarderanno se ci sono?"
Questa è la traduzione scelta dal film, ottimamente recitata dalla doppiatrice italiana: http://www.youtube.com/watch?v=FQhtijYH4VI

In inglese, dato che la traduzione è fatta dall'inglese e non dal danese (ma non mi lamento, perché è davvero una bella traduzione):

“If I know a song of Africa, of the giraffe and the African new moon lying on her back, of the plows in the fields and the sweaty faces of the coffee pickers, does Africa know a song of me? Will the air over the plain quiver with a color that I have had on, or the children invent a game in which my name is, or the full moon throw a shadow over the gravel of the drive that was like me, or will the eagles of the Ngong Hills look out for me?” 


Dal sito su Karen Blixen, http://www.karenblixen.com/


Hegemony and Hollywood: A Critique of Cinematic Distortions of Women of Color and Their Stories by Brenda Cooper, Utah State University: "Dinesen poignantly expressed her grief over the changes the European settlers had forced on Kenyans and their culture, and her compassion for their struggles to maintain their identity and dignity. In the film, however, Dinesen is recast as one of the 'offending European settlers, forcing her will on the native people without any sensitivity to their wishes or culture' (Cooper & Descutner, p. 240). Further, the compassion Dinesen expressed for the country and its people in her autobiography are appropriated by the film's leading male character, Denys Finch Hatton."


“There was a place in the Hills, on the first ridge in the Game Reserve, that I myself at the time when I thought that I was to live and die in Africa, had pointed out to Denys as my future burial-place. In the evening, while we sat and looked at the hills from my house, he remarked that then he would like to be buried there himself as well. Since then, sometimes when we drove out in the hills, Denys had said: "Let us drive as far as our graves.” 


C'è nello stesso sito una pagina in cui si parla della tomba di Denys Finch-Hatton, e di come ancora oggi sia possibile visitarla. Nelle pagine del sito su Denys si può anche leggere il compianto scritto da coloro che furono suoi compagni a Eton. E' commovente, per quanto un po' retorico, e soprattutto rende davvero bene il carattere dell'uomo.
http://www.karenblixen.com/question69a.html

Spero di poter aggiungere altre citazioni, ma sono talmente tante le frasi del libro che mi hanno colpito e che ho sottolineato, che dovrò avere un considerevole lasso di tempo disteso davanti a me...


martedì 19 giugno 2012

La torre degli autori

Trovo nel sito www.booksblog.it questa bella immagine dalla Germania. Subito leggo i nomi, annuendo nella maggior parte dei casi, scuotendo la testa in alcuni, chiedendomi chi diamine sia quello scrittore in (ben!) due casi. E la domanda sorge spontanea: se dovessimo farne uno simile in Italia, che nomi metteremmo? I primi che mi vengono in mente, a ruota libera: Dante, Montale, Primo Levi, Salgari, Collodi, Italo Calvino...Ma, accidenti, non ci sono donne! La prima che mi viene in mente è Oriana Fallaci, ma onestamente non mi va di sceglierla, piuttosto metto Liala. E non ci sono filosofi: devo colmare questa lacuna. Bonaventura...no, scriveva in latino. Tommaso...no, scriveva in latino. Ehi, ma abbiamo avuto dei filosofi dopo il Medioevo?  



La torre di libri in Bebelplatz, Berlin
A parte gli scherzi, ecco la mia torre di autori italiani. Con scelte dolorose, ma necessarie.

Dante
Italo Calvino
Eugenio Montale
Primo Levi
Emilio Salgari
Carlo Collodi
Dino Buzzati
Liala
Oriana Fallaci
Giovanni Verga
Cristina Campo
Galileo Galilei
Giuseppe Ungaretti
Fabrizio De André
Luigi Pirandello
Alda Merini
Ada Negri




Sì, non è proprio pertinente, ma è un'immagine così interessante
che ho dovuto inserirla, una volta trovatala. Beh, in fondo, forse è più pertinente
della mia lista personale di autori.

martedì 12 giugno 2012

Psy/Changeling in ungherese


La serie Psy/Changeling viene pubblicata anche in Ungheria! Dato che tra poco arriverà anche da noi, vediamo quali copertine e quali titoli ha scelto la casa editrice magiara per questa serie.




Vonzodas: "Attrazione", per Slave to sensation



Latomas: "Visione", per Visions of heat


Borzongas: "Brivido", per Caressed by ice

Giudizio: belle copertine, che richiamano quelle scelte dall'editore tedesco, ma mi paiono più riuscite, perché più minimaliste e senza troppe macchie di leopardo quando il protagonista non è un changeling (libro 3). Tra l'altro il ragazzo della copertina 2 è sensazionale (*o*), il che non guasta. Gli altri però mi sembrano un po' troppo giovani, visto e considerato che i protagonisti delle storie viaggiano sui trent'anni. Ma immagino che la scelta sia pensata per l'età media del pubblico di riferimento, rispetto al quale forse sono io ad essere un po' agée. Ma magari no!
I titoli secondo me sono oculatissimi: ciascuno riprende il titolo originale, ma sfrondando rispetto ad aggettivi e specificazioni ne riesce a togliere l'aria da romanzetto. Cioè: "Attrazione" secondo me è molto più calibrato di "Slave to sensation", la Singh mi perdoni. So che è uso della pubblicistica americana e inglese utilizzare titoli del genere, abbastanza forti, ma onestamente il titolo "Schiava delle sensazioni" a me fa pensare a una dozzinale riproposizione di temi del D'Annunzio. Il secondo titolo riprende la prima parola di quello originale, e va benissimo, togliendo l'"heat" (e in effetti anche in italiano "Visioni di calore" saprebbe più di film...ehm...); il terzo, scegliendo "Brivido" per "Caressed by ice", non si discosta troppo dall'originale e mi pare anche che rifletta bene elementi della storia di Brenna e Judd.
Beh, complimenti alla Dark!


domenica 10 giugno 2012

Gli incipit

L'incipit di un post sugli incipit dovrebbe essere sensazionale, ma temo che dovrete accontentarvi del fatto che l'incipit sia l'espressione "l'incipit".

Gli incipit sono importanti, certo. Tendenzialmente tendo a giudicare, più che l'incipit vero e proprio, le prime due o tre pagine, ma ammetto che nonostante tutto alcuni li ricordo per la loro incisività.

Di sicuro esiste un blog o forse un sito sugli incipit, e magari rubriche, ma le andrò a vedere dopo per non essere influenzata.

L'incipit che mi salta subito in testa: quello di Snoopy, "Era una notte buia e tempestosa". E' come un riflesso pavloviano, tutte le volte che prendo la penna per scrivere qualcosa di mio mi vengono in mente queste parole. E, come Snoopy, non è che io vada molto avanti.




L'incipit più famoso: "In principio Dio creò il cielo e la terra." Icastico, completo, perfetto. Devo mettere anche gli incipit ai singoli libri della Bibbia? Beh, alcuni di quelli che conosco a memoria: "Questi sono i nomi dei figli di Giacobbe che scesero in Egitto al seguito di Giuseppe", "Cantico dei Cantici, che è di Salomone. Che egli mi baci con i baci della sua bocca...", "Parole di Qohelet, figlio Davide, re di Gerusalemme. Soffio di soffi, dice Qohelet, soffio di soffi, tutto è un soffio.", "E la parola di Dio fu rivolta a Giona, dicendo: Giona, vai a Ninive, la grande città...", "C'era un uomo giusto sulla terra, e si chiamava Giobbe.", "Nel mio primo libro, o Teofilo...", "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio".

L'incipit che mi fa battere il cuore: "Il cane corre, e il ragazzo corre dietro il cane, e i suoi pensieri lo inseguono nella mente come lattine sbatacchianti." David Grossman, Qualcuno con cui correre.

L'incipit più strano e al contempo sensato: "oirauqitnA ilodnairoC odarroC olraC. Questa scritta stava sulla porta a vetri di una botteguccia...." Michael Ende, La storia infinita.

L'incipit più breve, davvero difficile da dimenticare per la sua forza: "Chiamatemi Ismaele." Melville, Moby Dick.

Oddio, vuoto! No, un attimo...

"E' cosa nota e risaputa che un giovane uomo..." Ma non vado oltre, sigh. Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio.



"C'era una volta un uomo, che aveva tre figli...", "C'era un uomo che aveva deciso di conoscere la paura", "C'era una volta una donna senza figli...", "C'era una volta un re...", dalle Fiabe dei fratelli Grimm.

"Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...". Manzoni, I promessi sposi.

"Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura, che la diritta via era smarrita". Non c'è bisogno di scrivere l'autore, vero?

"C'era una volta...un re! Diranno i miei piccoli lettori. No, bambini. C'era una volta un pezzo di legno." Carlo Collodi, Pinocchio.

"Avevo una fattoria in Africa, ai piedi dell'altopiano Ngong..." Karen Blixen, La mia Africa.

Uhm, uhm...Mmmm...mah.
Bene, credo sia giunto il momento di dare un'occhiata ai vari siti e dire: "Ah, sì, è vero! Come ho fatto a non ricordarmelo?!..."

Una classifica americana: http://americanbookreview.org/100BestLines.asp

Un sito italiano: http://www.incipitario.com

Ed un altro: http://www.ozoz.it/incipit/

Beh, ho dato un'occhiata, onestamente molti non sono così straordinari da essere ricordati, secondo me.



Aggiungo il mio incipit, o meglio quelle di molte delle storie che racconto la sera a mio figlio.

"C'era una volta un bambino che camminava in un bosco."



sabato 9 giugno 2012

Il romance storico di Pamela Morsi

Ultimamente le mie letture sono state concentrate su un'unica autrice, Pamela Morsi, che mi ha davvero catturata con le sue storie ironiche, dolci, appassionate, piene di valori e anche storicamente accurate e interessanti.

Una foto della Morsi, tratta dal suo sito personale


La gran parte dei suoi romanzi storici è ambientata in piccoli paesi del Sud degli Stati Uniti a cavallo tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento. Si vedono sullo sfondo delle vicende le nuove invenzioni che stanno cambiando il mondo: l'automobile, l'illuminazione elettrica, i sistemi di raffreddamento che daranno vita a congelatori e frigoriferi. I personaggi femminili si trovano ad avere a che fare con il difficile rapporto tra tradizione e innovazione: molte delle protagoniste dei libri della Morsi sono anticonformiste, per scelta o per necessità, tutte sono indipendenti e forti. Molte di loro quasi non aspettano più l'amore, avendo passato l'età da marito, dato che veleggiano verso i trenta o li hanno da poco superati; quasi tutte non sono particolarmente belle, anzi, o sono troppo normali (le note "Plain Jane") o hanno difetti (una fessura tra i denti e i capelli rossi, un viso troppo lungo e con il mento prominente...) per i quali spesso sono state spietatamente prese in giro. Sullo sfondo sono sempre presenti le vicende storiche, solo accennate, ma in modo sapiente: la guerra di Secessione, il rapporto tra bianchi e neri, le nuove leggi, le rivendicazioni femminili, la prima guerra mondiale.

La copertina di Courting Miss Hattie, del 1991,
uno dei libri più famosi della Morsi. Davvero un bel libro!


La parte romantica del libro, cioè la nascita e lo sviluppo dell'amore tra i due protagonisti, è perfettamente bilanciata con le altre vicende, soprattutto riguardanti storie e personaggi minori che interagiscono e le cui vite si intersecano con quelle dei protagonisti, tratto che aggiunge ai libri profondità e ed è talmente ben dosato da non essere invasivo, ma arricchente. Le storie d'amore sono dolci, ma vere e struggenti, da far battere il cuore, e la scrittrice riesce a far entrare nell'animo dei personaggi come poche sono capaci di fare. Inoltre nei suoi libri c'è sempre un'ironia serena e quieta, direi quasi familiare, che fa sorridere e divertire, ma portando alla riflessione e all'interiorizzazione non solo i personaggi, ma anche il lettore.  E infine uno dei tratti che ho apprezzato maggiormente: il fatto che le sue opere siano piene di valori, ma non perché la scrittrice si metta a fare la morale o abbia un intento educativo, piuttosto l'insegnamento etico sgorga spontaneo dalla bellezza degli esseri umani che la Morsi delinea, dallo sviluppo delle loro storie e dalla forza e dal coraggio che mettono in gioco. Parlo di valori come la determinazione, la forza d'animo, la bontà, il perdono, l'impegno nel lavoro, l'integrità morale, l'onestà.

Simple Jess, del 1996, il libro più controverso della Morsi.
A me è piaciuto moltissimo, è quello che mi ha maggiormente commosso.


Prendete il mondo rurale e i valori di telefilm quali La casa nella prateria o Alla conquista del West, aggiungete sensualità alla Jane Campion (carnale, potente, intima, sconvolgente), unite un po' di speziata ironia e, come tocco finale, quello che va in profondità nell'amalgama e porta a compimento il sapore del tutto (come il caramello sul budino ancora caldo, come il basilico nel sugo al pomodoro, come l'origano nella salsa per la pizza...) la verità umana. Questa verità umana che permea i libri della Morsi a volte porta le lacrime agli occhi, altre volte un sofferto riconoscimento, altre un grato sorriso, altre ancora una chiara risata, ma fa sì che i suoi libri siano non solo una lettura, ma direi un'esperienza.

Pamela Morsi ha un sito interessante, in cui la cosa che più mi ha colpito è la sua biografia, scritta con quella grazia leggera, ironica e appassionata che pervade i suoi libri. La riporto e la traduco qui sotto per chi non abbia dimestichezza con l'inglese.
Il sito è: http://www.pamelamorsi.com/

I grew up with good parents and challenging sisters in a small house at the end of a dirt road.  My best friend  was my dog.  I was a nerdy, bucktoothed kind of girl, which turned out to be my good luck.  While other girls went on dates, I stayed home and read books.  I figured out early that I love a great story.  Whether it is a well written novel or an old yarn from a backwoods storyteller, I’m always drawn in. 
I left home, went to college, saw a bit of the world.  I wanted to be a writer, but I had no idea how that happened.  Do people move to New York and start wearing berets?  I had no clue.  
So I became a librarian.  If I couldn’t write books, I could at least be closer to them.  I also got married and managed to acquire a mortgage, a full set of special occasion dishes and a couple of kids.  
Then one day, I thought, “Is there more?”  
I was in a fetal position on the bed sobbing when my husband came in and asked me what was wrong.
“I could have been a writer!” I complained bitterly.  “It’s what I always wanted.  I could have been a writer, if I didn’t have you and this house and these kids.  I could have done it!”
He was very sympathetic...for a while.
Then he went out and bought me a computer, set it up in the corner of our bedroom and told me.  “You can’t quit your job.  But I’ll do the cooking and the kids can help me with the house.  You have every night and every weekend.  Write your blankety-blank book or shut the blank up about it.”  
What’s a woman to do?  I became a writer.  I wrote romances based on small towns and farms, mostly at the turn of the 20th century.  And within three short years I was able to quit my day job and write full time.  I haven’t yet looked back.
Of course, it wasn’t always easy.  My daughter, Leila, is special needs, which always required a bit extra on the mom front than the USAToday Bestselling Author could easily give.  And my son was as trying as boys are sometimes wont to be.  At a school counseling session I once complained.
“I’ve got one child who would do anything, but can’t.  And one child who can do anything, but won’t.”
Being a mom is never easy, but I can report that despite my parenting, both kids have turned out well.  
And then my husband got sick.  Writing became my solace from the world of doctor’s offices, sick beds and hospitals.  I never believed for a moment that if I tried hard enough, prayed long enough and followed medical advice scrupulously that he would be well and be home.  And we’d continue to live happily ever after.  But life is not a romance novel.  My husband died as he had lived, fighting his hardest and loving his family.
And his family had no choice but to keep moving forward.    
Writing and widowhood was a strange mix.  I was pretty much numb for the first year.  Can you write a book while numb?  Apparently so.  My children were in such pain, but we instinctively clung to each other, supporting each other, until we were all strong enough to stand on our own.
While my personal crisis was going on, a crisis was also occurring in the book business.  The “historical romance”, which had been my bread and butter for my entire career, had suddenly, inexplicably gone out of fashion.  My stories had always been a little “off the beaten track” from the typical romance audience and with publishing houses battening down, I suddenly found my services were no longer required.
After determinedly banging my head against walls for several months, I finally got the brilliant idea to try doing something else.
I came up with a new story idea, a different kind of story idea.  A story idea that was not so much about falling in love as it was about an interesting woman trying to figure out her own life.  It was fun to write and refreshing.  I’d always adored coming up with those historical plotlines based on farming and funeral practices and ice delivery.  But writing about the world around me, the world I live in, was very challenging as well.  
My first mainstream women’s fiction novel was published by Mira Books in 2000.  It was a new career, sort of starting from scratch, but I was eager and excited to begin the journey again.
And that wasn’t my only journey.  I married Bill in 2001.  I guess I thought that if a woman is lucky enough to get one good husband, she shouldn’t press her luck.  But when I met Bill, well, I am crazy about the guy.  And I wasn’t quite willing to let some other woman snap him up.  
Or as my daughter, Leila, put it, “Mom, he cooks every night!  Have you got a problem or something?”
The bonus prize for marrying Bill was four more great kids.  All of whom are fortunately old enough not to be tainted by any of my bad-mom crazyism.
My women’s fiction career continues to chug along.  I’ve had lots of great feedback from readers, some glowing reviews in newspapers and online.   Both my last two books have been nominated for the prestigious RITA Award.  
I’m writing all the time, when not reading, wasting time or floating serenely in my backyard hammock.
My main goal at this time is to someday have a much, much longer autobiography.  


Sono cresciuta in una famiglia con ottimi genitori e sorelle pestifere, in una casetta alla fine di una strada polverosa. Il mio cane era il mio migliore amico. Ero una ragazza studiosa e  con i denti sporgenti, e questa è stata la mia fortuna. Mentre le altre ragazze uscivano coi ragazzi, io rimanevo a casa e leggevo. Ho capito subito che amavo le grandi storie. Che fossero racconti scritti con mano sapiente o brevi aneddoti di cantastorie venuti da chissà dove, ne ero catturata. 
Andai al college e vidi un po' di mondo. Volevo diventare scrittrice, ma non immaginavo proprio come si facesse. Dovevo forse andare a New York e iniziare a girare col basco in testa? Non ne avevo idea.
Così feci la libraia. Se non potevo scrivere libri, almeno li avrei avuti più vicini. Inoltre mi sposai e così acquisii un'ipoteca, un servizio di piatti per le grandi occasioni e due figli. 
Un giorno mi ritrovai a pensare: "Ma è tutto qui?" 
Ero sul letto, rannicchiata e singhiozzante, quando mio marito entrò e mi chiese che cosa avessi. 
"Avrei potuto essere una scrittrice!" Mi lamentai, amareggiata. "E' quello che ho sempre voluto fare! E l'avrei potuto fare, se non fosse stato per te, la casa, i figli! Avrei potuto!" 
Lui fu molto comprensivo...per due secondi. 
Poi uscì di casa e mi andò a comprare un computer, e lo posizionò in un angolo della nostra camera da letto. Mi disse: "Non ci possiamo permettere che lasci il lavoro. Ma io posso cucinare e i ragazzi mi aiuteranno con i lavori di casa. Puoi usare le notti e i fine-settimana. Scrivi il tuo libro del bip o smetti di rompere il bip!" 
Che deve fare una donna di fronte a una simile alternativa? Sono diventata una scrittrice! Scrissi romanzi ambientati in piccole città e fattorie, agli albori del Ventesimo secolo. E in soli tre anni potei permettermi di lasciare il mio lavoro e dedicarmi alla scrittura a tempo pieno. Non me ne sono mai pentita. 
Certo, non è stato tutto rose e fiori. Mia figlia Leila è diversamente abile, e questo richiede spesso un impegno maggiore sul fronte materno di quanto sarebbe agevole alla scrittrice di bestsellers. E mio figlio è stato difficile quanto a volte riescono ad esserlo i figli maschi. Una volta mi sono lamentata con gli insegnanti: "Ho una figlia che vorrebbe fare tutto, ma non può. E un figlio che potrebbe fare tutto, ma non vuole!" 
Essere mamma non è mai facile, ma posso dire che, nonostante me, i miei figli sono venuti su bene. 
Poi mio marito si è ammalato. La scrittura è diventata il mio rifugio da un mondo di ambulatori medici, letti d'ospedale e malattia. Non ho creduto per un attimo che se avessi tenuto duro abbastanza, pregato con devozione, seguito scrupolosamente le indicazioni dei medici lui sarebbe guarito, tornato a casa e avremmo vissuto felici e contenti. La vita non è un romanzo. Mio marito è morto come è vissuto, dando il massimo di sé e amando la sua famiglia. 
E la sua famiglia non ha avuto altra scelta che andare avanti. 
La scrittura e la vedovanza sono uno strano connubio. Ero come intontita il primo anno. Puoi scrivere un libro mentre sei intontita? A quanto pare sì. I miei figli soffrivano moltissimo, ma ci siamo aggrappati l'uno agli altri, ci siamo sostenuti finché non abbiamo avuto di nuovo la forza di affrontare il mondo ciascuno sulle sue gambe. 
Mentre versavo in questa crisi personale, anche il giro d'affari dei libri era entrato in una sua crisi. Il romanzo storico, con cui ero andata a nozze fin dall'inizio della mia carriera, era improvvisamente e incomprensibilmente passato di moda. Le mie storie erano sempre state un po' fuori dal "sentiero noto" per quel che riguarda il romanzo femminile, e con la crisi dell'editoria mi trovai nella spiacevole situazione per cui i miei servigi non erano più richiesti da alcuno. 
Dopo aver sbattuto la testa contro il muro per alcuni mesi, mi venne l'idea geniale di provare  a fare qualcos'altro. 
Mi ritrovai con un'idea nuova, su una storia nuova. Che non era tanto una storia d'amore, ma la storia di una donna che cercava di capire che cosa fare della propria vita. Scriverla fu divertente e rinfrancante. Ho sempre adorato scrivere romanzi storici, raccontando di vita nei campi, funerali e commercio del ghiaccio. Ma anche scrivere del mondo attorno a me, di quello in cui io vivevo, era entusiasmante. Era una sfida. 
Il mio primo romanzo femminile contemporaneo è stato pubblicato nel 2000 dalla Mira Books. E' stata una nuova carriera, un po' come ripartire da zero, ma ero entusiasta e impaziente di iniziare questo nuovo viaggio. 
E non è stato l'unico viaggio. Ho sposato Bill nel 2001. Pensavo che se una donna era stata così fortunata da aver avuto un buon marito, non poteva proprio chiedere di più. Ma quando ho incontrato Bill, sono diventata pazza di lui. E non potevo proprio permettere che qualcun'altra me lo soffiasse. 
O, secondo le parole di mia figlia Leila: "Mamma, lui cucina tutte le sere! Ma hai dei problemi o che?" 
Il premio extra, sposando Bill, sono stati altri quattro figli già grandi. Tutti di un'età tale da non poter più essere danneggiati dalle mie paranoie da pessima madre. 
La mia carriera di scrittrice continua. Ho tanti ottimi giudizi e pareri da parte dei lettori, alcune recensioni molto positive in riviste e in rete, i miei ultimi due libri sono stati entrambi candidati al prestigioso premio RITA.  
Scrivo tutto il tempo, quando non leggo, perdo tempo o mi dondolo tranquillamente nell'amaca in giardino. 
Il mio prossimo obiettivo è avere, tra qualche tempo, un'autobiografia molto, molto più lunga. 

Spero che da questo brano si capisca quanto sa essere vivace, commovente e ironica la sua scrittura. Spero proprio che sia pubblicata in italiano. Anche dopo vent'anni, credo che ci sia ancora un pubblico per i suoi libri, esattamente come accadde per il telefilm "La signora del West", non molti anni fa, che contrariamente alle previsioni ebbe un'audience altissima. Lo guardavano nonne, mamme e figlie: e credo che i romanzi della Morsi possano proprio piacere a nonne, mamme e figlie!

sabato 2 giugno 2012

Libri del mese: giugno 2012




Libri del mese

Giugno 2012

(in ordine di lettura)



Tera Lynn Childs, Il bacio della sirena, Tre60, Milano 2012

Pamela Morsi, Something shady, 1995

Pamela Morsi, Sealed with a kiss, 1998

Pamela Morsi, Heaven sent, 1991

Sherrilyn Kenyon, Where angels fear to tread, (racconto contenuto nell'antologia Blood Lite)

Stephanie Chong, Angelo tentatore (Where demons fear to tread), Harlequin-Mondadori, maggio 2012

Nalini Singh, Tangle of need, 2012

Karen Blixen, La mia Africa, Feltrinelli, Milano 2009

Larissa Ione, Estasi eterna, Leggereditore, Roma 2012

Shelly Laurenston, Big bad beast, 2011









Poesie alla luna, illustrate da Gianni De Conno



Un libro di grande formato, molto ben realizzato e con illustrazioni davvero suggestive, nello stile quasi onirico dell'autore.
Le poesie scelte sono tutte belle e in seconda di copertina è indicato l'autore della traduzione (informazione essenziale che però non ogni libro si premura di dare), dispiace solo che non abbiano messo anche la versione originale delle poesie stesse, che in alcuni casi sarebbe stata necessaria, anche solo per coglierne la musicalità. Tra l'altro la bellezza delle diverse calligrafie avrebbe potuto ulteriormente accrescere il fascino già forte del libro.


Ciascuno di coloro che perdiamo prende una parte di noi:
rimane solo uno spicchio
che come la luna, una torbida notte,
è richiamato dalle maree.
Emily Dickinson
(traduzione di Paola Parazzoli)


Così non andremo più errando
così tardi dentro la notte.
Anche se il cuore ama molto ancora,
e la luna è ancora molto luminosa.
Poiché la spada logora il fodero,
e l'anima logora il petto;
e il cuore deve fermarsi a respirare,
e anche l'Amore deve avere tregua.
Anche se la notte fu fatta per amare,
e il giorno troppo presto torna,
noi non andremo più errando
alla luce della luna.
George Gordon Byron
(traduzione di Beatrice Masini)


Sei pallida perché
sei stanca di scalare il cielo
e fissare la terra
tu che ti aggiri senza compagnia
tra le stelle che hanno una differente
nascita, ti che cambi
sempre come un occhio senza gioia
che non trova un oggetto degno
della sua costanza?
Percy Bysse Shelley
(traduzione di Giuseppe Conte)


La Luna e le Pleiadi sono tramontate:
è mezzanotte, le ore passano
e io rimango sola nel mio letto.
Eros mi ha sconvolto il cuore,
come il vento in montagna si abbatte sulle querce.
Eros, che indebolisce le nostre membra,
di nuovo mi tormenta, deolceamara invincibile creatura.
Ma ame non miele, non ape...
e mi agito e desidero.
Saffo
(traduzione di Silvia Bellingeri)


Quando si alza la luna
si smarriscono le campane
e appaiono i sentieri
di ciò che è impenetrabile.
Quando si alza la luna
il mare ricopre la terra,
mentre il cuore si sente
un'isola dell'infinito.
La luna è più lontana
del sole e delle stelle. 
E' profumo e ricordo,
bolla d'azzurro ormai sfiorito.
Federico Garcia Lorca
(traduzione di Renato Bruno e Lorenzo Blini)



Poesie alla luna,
Rizzoli, Milano 2009,
€ 22,50.

Dal sito delle edizioni EL.
http://www.edizioniel.com/DB/scheda_autore.asp?IDA=542
Gianni De Conno è sicuramente uno dei grandi, magistrali interpreti del visivo contemporaneo, anche se non è stato facile per lui affermarsi in Italia. Suggestive inquadrature, sapienti giochi di luci ed ombre, gradazioni e contrasti tonali sono elementi della sua sintassi iconica. Le sue illustrazioni, colte, magiche, evocative nell’essenzialità del segno e nelle brillanti soluzioni compositive, suscitano nel lettore indimenticabili emozioni. De Conno racconta con il segno ma soprattutto con il colore la vita e i pensieri dell’uomo, le sue speranze, i suoi sogni, i suoi drammi, le sue angosce. Ecco perché potremmo definirlo un “poeta del visivo”. Ecco perché affascina tutti, bambini ed adulti.
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