giovedì 31 luglio 2014

Correre, secondo me e secondo Murakami


Non amo particolarmente correre. Divento paonazza, il cuore mi batte a mille, e ho la resistenza di un...non mi viene neanche un paragone, perché tutti gli animali hanno più resistenza di me. 
Non amo neanche Murakami. Kafka sulla spiaggia, l'unico romanzo dei due libri suoi che ho letto, mi è risultato indigesto e insopportabile, troppo compiaciuto e troppo involuto.
Tuttavia, in biblioteca ho trovato "L'arte di correre" e l'ho preso, gustandolo. Chissà che un giorno non mi ci metta davvero, a correre: allora queste frasi mi saranno preziose.
Intanto corro con l'immaginazione. Nella mia immaginazione io corro moltissimo, faccio anche degli scatti e dei salti straordinari. 


Haruki Murakami, L’arte di correre (Di che cosa parlo quando parlo di correre)

Una maratona è 42,195 chilometri.


Tra i concorrenti, ce n’era uno che per tutta la corsa, dall’inizio alla fine, rimuginava su un motto appreso dal fratello (un maratoneta anche lui): Pain is inevitabile. Suffering is optional. 
Quello era il suo mantra. Il dolore non si può evitare, ma la sofferenza è opzionale. Supponiamo per esempio che correndo uno pensi: “Non ce la faccio più, è troppo faticoso”. La fatica è una realtà inevitabile, mentre la possibilità di farcela o meno è a esclusiva discrezione di ogni individuo. Credo che queste parole riassumano alla perfezione la natura di quell’evento sportivo che si chiama maratona. Pag 4.


Ciò che penso, semplicemente, è che, una volta usciti dalla prima giovinezza, nella vita è necessario stabilire delle priorità. Una sorta di graduatoria che permetta di distribuire al meglio tempo ed energia. Se entro una certa età non si definisce in maniera chiara questa scala dei valori, l’esistenza finisce per perdere il suo punto focale, e di conseguenza anche le sfumature. Pag 36.

Potrei essere così...


Cominciai dunque a correre, ma all’inizio non resistevo a lungo. Venti, trenta minuti al massimo bastavano a farmi venire il fiatone. Mi sentivo scoppiare il cuore in petto e mancare le gambe. Era inevitabile, essendo rimasto per tanto tempo senza fare del moto degno di questo nome. Quando correvo mi vergognavo quasi di farmi vedere dai vicini. Comunque, a forza di insistere, il mio corpo finì per adattarsi, e di conseguenza riuscii a coprire distanze sempre maggiori. Acquisii una forma decente, un ritmo di respirazione regolare, e anche il battito cardiaco si stabilizzò. Ciò che mi importava, più che la velocità o i chilometri che facevo, era correre sistematicamente, senza saltare un giorno, se possibile.
In questo modo la corsa venne a integrarsi nel ciclo della mia vita quotidiana (…). Mi recai in un negozio di articoli sportivi e comprai delle scarpe e una tenuta idonea. Mi procurai un cronometro, e lessi un libro per principianti di questo sport. E’ così che si diventa corridori. (…)


Quando si corre a lungo, la disposizione dei muscoli cambia completamente. A quel tempo mi rendevo conto che giorno dopo giorno stavo trasformando la struttura del mio corpo, e ne ero felice. Sentivo che, nonostante avessi superato i trent’anni, nella mia persona restavano ancora tante possibilità di cambiamento. (…)
Quando si fa esercizio fisico regolarmente, ogni giorno, si raggiunge il proprio peso ottimale in modo spontaneo. Si individuano i muscoli che conviene far muovere.


...o magari così!


Come ho già detto, se resto inattivo tendo a ingrassare. Ci sono persone che per raggiungere un risultato devono faticare, altre che ottengono quello che vogliono senza alzare un dito. A pensarci bene, però, nel mio caso una naturale tendenza a non ingrassare sarebbe forse stata deleteria. Perché per mantenere un peso ottimale ogni giorno ho dovuto fare moto, controllare l’alimentazione, evitare gli eccessi. Una vita estenuante. Ma compiendo di continuo un tale sforzo e rinnovando le mie cellule a un ritmo così intenso, alla fine ho acquisito una buona salute e mi sono irrobustito. E ho potuto rallentare in certa misura l’invecchiamento. (…) 
Per capire se una cosa è equa o non lo è, bisogna considerarla sui tempi lunghi. (La tendenza ad ingrassare subito…) forse è un dono del cielo. Non è più giusto valutare il problema in questa luce positiva? Pagg. 38-40.


 Le qualità più importanti per uno scrittore sono il talento, la concentrazione e la perseveranza.

O più verosimilmente, così. A parte la tetta al vento.


Credo che non siano molte le persone che corrono per vivere più a lungo. Piuttosto mi sembra che siano ben più numerose quelle cui non interessa campare cent’anni, ma finché sono al mondo, desiderano condurre un’esistenza piena. Se ci restano anche solo dieci anni di vita, è di gran lunga preferibile viverli intensamente, perseguendo uno scopo, che non lasciarli trascorrere con indifferenza, e io sono convinto che a questo fine la corsa a piedi sia di grande utilità. La vera funzione della corsa è di migliorare anche solo di poco, entro i limiti che sono stati attribuiti a ciascuno di noi, la combustione delle nostre energie. Al tempo stesso la si può ritenere una metafora della vita. Pag. 74.


Comunque, forse conviene provare.


Tra le persone che fanno jogging in città, si distinguono subito i principianti dai veterani. I primi ansimano col fiato corto, i secondi invece respirano a ritmo regolare, corrono pensando tranquillamente ai fatti propri, mentre il loro cuore scandisce lentamente il tempo. Quando due veterani si incrociano sul percorso, ascoltano l’uno il ritmo del respiro dell’altro, percepiscono l’uno il modo di scandire il tempo dell’altro. Pag. 77.

E magari col tempo...


Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un istante, la sensazione autentica di vivere. Raggiungiamo la consapevolezza che la qualità del vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell’azione stessa, vi scorre dentro. Pag. 149. 

...sarò così.

NO, SCHERZAVO!!

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