domenica 4 agosto 2013

Bar Sport Duemila, di Stefano Benni

Bar Sport DuemilaBar Sport Duemila by Stefano Benni
My rating: 4 of 5 stars

Stefano Benni a volte mi piace moltissimo (La compagnia dei Celestini), a volte meno. Questo suo Bar Sport Duemila ha punti di umorismo feroce e altri di semplice facezia. Ad esempio, per me sono stati meno simpatici e interessanti i vari cataloghi e le descrizioni degli avventori e della fauna del Bar del Duemila, mentre alcuni racconti li ho trovati davvero memorabili, come "Il destino di Gaetano", "Come Amedeo combatté contro il Booz" e "Underground", storia di scarafaggi guerrieri impegnati nel salvataggio della principessa finita nella zuccheriera, altro momento fondamentale degli scarafaggi nella letteratura. Ma la parte che mi ha più colpita è sicuramente l'ultima, "Il bar di una stazione qualunque", che se all'inizio sembra uno di quegli scambi tra Ale e Franz alla panchina, presto si trasforma in altro, perché la città si chiama B., perché è una calda giornata di inizio agosto, perché è chiaramente un panorama di anni Ottanta...e le riflessioni sulla umanità piccola, chiassosa, ma piena di speranza detonano come un colpo al cuore alla fine del racconto.

"...E la gente sembra migliore, ride di più, si chiama ad alta voce, scherza. Forse perché stanno partendo, e sperano di trovare qualcosa di buono là dove vanno. Si parte per questo, no?"

"(...) - Sì, qualche volta mi arrabbio, ma poi mi chiedo: vivere insieme in fondo non è questo? Difendere il proprio diritto ad avere un po' di spazio, aria, silenzio, rispetto, speranza, ma senza aver paura di ciò che ci circonda, non vedere nemici dappertutto, invasori, gente che ti passa davanti. Lei, se per strada qualcuno la urta, cosa pensa? Che l'ha fatto apposta? - - Ma che razza di domande, - si spazientì il Silenzioso - e poi di che rispetto parla, non vede quanti barboni, quante persone inutili, miserabili, disperate, ci sono qua dentro? - - Forse ha ragione. Ma non li guardi nel momento in cui sono feriti, chini a terra, vinti. Li guardi nel momento che si tirano su, che sono allegri, che cercano di respirare. (...) Eppure sono sicuro che anche lei, almeno un giorno della sua vita, era ridotto da far pena. Ma negli ultimi tempi, in questo paese, si fa più in fretta a buttar via la gente. (...) Ogni giorno vedo la gente diventare cattiva per niente, odiare quella che non conosce, ripetere i tormentoni della televisione invece di dire quello che c'ha dentro. Allora mi arrabbio. (...) Volevo solo spiegarle perché passo il mio tempo qui. Perché penso che bisognerebbe sempre sentirsi come se si partisse il giorno dopo, o come se si fosse appena tornati. Tutto diventa più prezioso; quello che si lascia e quello che si trova. Il dolore è facile da ascoltare, quello ti arriva addosso, urla, ha una voce terribile, è sempre lui a raggiungerti. La speranza è una vocina sottile, bisogna andarla a cercare da dove viene, guardare sotto il letto per poterla ascoltare. O venire in una stazione.- (...)
Il vecchio aveva finito la birra, si asciugò la fronte e uscì, un po' barcollante, sulla pensilina del primo binario. Venendo dall'aria condizionata del bar, fu come tuffarsi nel brodo. Vide il Silenzioso che si avviava verso l'uscita. Gli sembrò che non avesse più la valigia, ma non ci fece troppo caso. Era troppo incantato a guardare la gente. Gli sembrava di avere scoperto qualcosa, qualcosa di importante che gli sarebbe servito per quello che gli restava da vivere."

Le ultime cinque righe non le riporto, perché vanno lette nel libro.

*Annotazioni.
Il libro mi è arrivato gratis. Era in una cesta in biblioteca, da cui si possono prendere le copie che sono state donate, ma che la biblioteca già possiede. L'ho preso e l'ho portato a casa, poi l'ho letto in due giorni.

Il libro andrà a Lampedusa per rispondere all'appello del sindaco Giusi Nicolini che in questi giorni ha chiesto libri per l'isola, che non ha né una libreria né una biblioteca. Non perché non mi sia piaciuto, ma perché certi segni bisogna essere in grado di leggerli. Oggi le chiamiamo coincidenze e non ci facciamo caso, ma io cerco di tenere gli occhi aperti.



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