Ma che cosa significa arrivare alla movida già ubriache?
Significa arrivarci piene di illusioni e portando con sé un corpo che non si comanda, un corpo che non risponde alla testa e al cuore, un corpo che risponde solo agli istinti, un corpo senza memoria, un corpo composto solo di carne effimera. Non siamo nulla senza la testa e senza il cuore, non siamo nulla se ci muoviamo in preda agli istinti e senza la ragione. La ragione e il cuore ci avvicinano tra noi in modo reale; e ci avvicinano a Dio perché possiamo pensare Dio e possiamo decidere di andare a cercarlo. Con la ragione e con il cuore possiamo anche capire chi sta male, immedesimarci in lui, farci portatori di bene e di altruismo.
P34-35
Governare è servire ciascuno di noi, ciascuno dei fratelli che compongono il popolo, senza dimenticare nessuno. Chi governa deve imparare a guardare verso l'alto solo per parlare con Dio e non per giocare a fare dio. E deve guardare in basso solo per sollevare qualcuno che è caduto.
Lo sguardo dell'uomo deve sempre essere in questi due sensi. Guardate verso l'alto a Dio e in basso a chi è caduto se volete diventare grandi: le risposte alle domande più difficili si trovano sempre guardando verso queste due direzioni insieme.
P35
Il potere è servizio e deve permettere al prossimo di sentirsi ben curato, secondo la sua dignità.
Quindici malattie.
La prima è la malattia del sentirsi immortali o addirittura indispensabili: deriva dal narcisismo ed è tipica di chi guarda appassionatamente la propria immagine e non vede Dio negli occhi degli altri, e soprattutto non riconosce la luce di Gesù negli occhi dei bisognosi.
La seconda è la malattia...dell'eccessiva operosità: è quella di chi si immerge nel lavoro, trascurando inevitabilmente il sedersi ai piedi di Gesù.
La terza malattia è quella dell'impietrimento mentale e spirituale. È la malattia di chi, strada facendo, perde quella serenità, quella vivacità, quell'audacia e finisce per diventare una macchina di pratiche.
La quarta malattia è quella dell'eccessiva pianificazione e del funzionalismo: quando una persona pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose solo per questo progrediscano, diventa un contabile, un commercialista dell'esistenza. Non si può infatti rinchiudere in un programma la libertà dello Spirito Santo.
La quinta malattia è quella del cattivo coordinamento.
La sesta malattia è...la dimenticanza della propria storia di salvezza, della storia personale con il Signore, (...) delle proprie radici.
La settima malattia è quella della rivalità e della vanagloria.
L'ottava malattia è quella della schizofrenia esistenziale.
La nona malattia è quella delle chiacchiere, delle mormorazioni, dei pettegolezzi. (...) Si può parlare di "terrorismo delle chiacchiere", perché questo chiacchiericcio assomiglia appunto all'azione del terrorista: con la lingua tu butti la bomba, distruggi gli altri, e poi te ne vai come se nulla fosse, tranquillo.
La decima malattia è quella di divinizzare i capi. (...) Mai cadere vittime del carrierismo e dell'opportunismo.
L'undicesima malattia è quella dell'indifferenza verso gli altri: quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. (...) Oppure quando, per gelosia o scaltrezza, si prova gioia nel vedere l'altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.
La dodicesima malattia è quella faccia funerea, ossia delle persone burbere e arcigne, che ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri, soprattutto quelli ritenuti inferiori, con rigidità, durezza e arroganza.
La tredicesima malattia è quella del "consumare consumo", del consumismo. È la malattia dell'accumulare.
La quattordicesima malattia è quella dei circoli chiusi, dove l'appartenenza al gruppo diventa più forte di quella a Cristo stesso.
L'ultima malattia è quella del profitto mondano, degli esibizionismi, quando la persona trasforma il suo servizio in potere e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri ancora. (...) La vanità è una bolla di sapone, essere vanitosi significa truccare la propria vita.
P40-42.
Papa Francesco, Dio è giovane
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