domenica 29 agosto 2021

Di serie, di storie e di senso




Lo ammetto, sono una purista.

Per me Star Wars è 456, 123 e basta. Ho provato con il resto, ma sia dal punto di vista della messa in scena che dello sviluppo della storia non c'era assolutamente alcunché di cui gioire. Tranne The Mandalorian. E un film, o una saga, che non ti fa gioire e non aiuta a scavare almeno un po' in te, non vale la pena d'essere guardato.

Perciò, data la premessa, i miei sette lettori possono aspettarsi i giudizi seguenti.

Considero l'acquisizione della parte della Disney un passaggio che ha portato alla caduta e al peggioramento della qualità dei prodotti Star Wars (un po' come dopo l'acquisizione di Goodreads da parte di Amazon), soprattutto a perdere il senso di una riflessione sul bene, sull'impegno, sulla rinuncia e sul pervertimento dei propri ideali che rifletteva in maniera perfetta l'apoteosi e il declino dell'impero americano, o dell'occidente.

Vengono sfornati nuovi prodotti che non hanno non dico un senso profondo, ma nemmeno la capacità di risultare d'intrattenimento. 

La Marvel ci ha dato, con la saga ventennale culminata in Avengers - Endgame, una narrazione epica, importante, focalizzata su alcuni principi inderogabili e su elementi di interessante approfondimento psicologico. Tuttavia, mi chiedevo come potessero andare avanti, dopo un'opera di quel calibro. Le serie successive, a mio parere, divergono in modo essenziale. WandaVision è un capolavoro sia dal punto di vista filmico (con meta-testi e riferimenti spiazzanti, colti e intriganti) che narrativo, affrontando con pudore e rispetto il tema della perdita, del lutto, della sopravvivenza alla morte di una persona cara. Credo sia la prima volta che il tema viene assunto e sviscerato così in profondità nella realtà di una serie di questo ambito. (Forse solo Logan ci si era avvicinato).

Invece, ahimè, che troviamo in Loki? Quello che avrebbe potuto essere un interessante e cerebrale gioco diviene un'apologia dell'assurdo, in cui entrano spezzoni di realtà grazie alle voci di protagonisti della NOSTRA realtà nell'inizio dell'ultima puntata. E così la Disney, di nuovo come in altre opere, si mette a farci la morale. E' la stessa motivazione del female-washing  di Endgame, davvero spurio e pretestuoso, con la "carica delle valchirie" (che purtroppo fa miseramente contraltare all'epico ingresso in scena dei combattenti dei mondi), del discorso di davvero troppi minuti di Falcon alla fine di The falcon and the Winter Soldier, del buonismo posticcio di What if.

Ora, come ben sapeva Tolkien un'opera d'arte, un racconto, non devono avere come esplicito obiettivo quello di insegnarti qualcosa, o di farti arrivare a un certo livello di consapevolezza sociale o di adesione a principi e battaglie della realtà. Devono raccontarti una bella storia, e se toccano quelli che sono "gli eterni problemi umani", lo possono fare senza darti la minestrina preconfezionata, ma sollevando dubbi, proponendo soluzioni che i protagonisti scelgono, coinvolgendoti nella loro storia, in cui affrontano dissidi, crisi e questioni che sono anche i tuoi. Ma lo fanno nel loro mondo fantastico, perché se viene meno quel principio di separazione, allora diventa propaganda.

E così, nonostante alcune trovate interessanti e una narrazione da filmone suddiviso in puntate che personalmente ho apprezzato molto e nonostante Bucky (su cui diremo altrove), il momento che avrebbe dovuto essere epico, il discorso di Falcon, fa cadere le braccia, anche per la durata eccessiva e l'assenza di qualsiasi non dico contradditorio, ma elemento di dialogo e botta-risposta o almeno movimento da parte dell'uditorio, che lo rende slegato dalla stessa vicenda che si sta dispiegando; Loki è apprezzabile solo per le battute e le espressioni del protagonista e i suoi siparietti con Clive Owen; What If annoia e suscita sbadigli più spesso di quanto sia tollerabile per un prodotto di questo tipo. Gli elementi più in rilievo non sono quelli che hanno a che fare con la logica interna della storia, motivata dal carattere dei personaggi e dalle loro scelte, che non possono essere insulse o contradditorie (nonostante quello cui hanno abituato decenni di serie tv raffazzonate, delle quali inevitabilmente si salvava sempre solo la prima stagione, dato che il resto era solo continuare per far cassa), ma elementi posticci inseriti per inseguire l'apprezzamento di determinate fasce di persone. Non è una narrazione integrata e scaturita dalla mente e dal cuore di una persona o di un gruppo che ami una storia e ci si sia coinvolto, è marketing. Più o meno come lo sono le serie animate attuali rispetto ai cartoni animati degli anni Ottanta.

A me piacciono le storie, non le storielle, quando mi viene propinato del marketing mi irrito.

E ancora di più se questo porta a perdere la ricchezza e le potenzialità di certi personaggi e intrecci.








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