Il dono del voler abbracciare questo paese.
Il dono degli amici.
Il dono di essere un'insegnante: nessun rapporto è perduto se credi che possa aprirsi, se accetti di metterti in gioco e rivelare le tue debolezze o accettare di essere colpita.
Il dono di google earth.
Il dono della protezione.
Il dono del capire quando basta eh, perché per lui ora è più importante poter passare un po' di tempo con gli amici che fare i compiti.
Il dono della meraviglia.
Il dono del cibo e il dono del cucinare.
Il dono del camminare.
Il dono degli alberi Yggdrasil.
Il dono di chiamare le cose con i loro nomi.
Il dono di rendersi conto che ne valeva la pena, per questa casa.
Il dono delle serate insieme sul divano.
Il dono dell'attesa dei baci e degli abbracci.
Il dono delle visite a sorpresa.
Il dono del preparare una sorpresa.
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sabato 9 maggio 2020
lunedì 20 gennaio 2014
Quando ancora tutte le creature parlavano
Spaccatemi in pezzi grandi, non in pezzi piccoli!
"Molti, molti anni fa, quando ancora tutte le creature
parlavano, gli animali, le piante e perfino le pietre, un uomo era andato a
spaccare legna. Aveva preso un piccolo tronco e lo aveva collocato sul ceppo.
Quando sollevò la scure per spaccarlo, il tronco cominciò a parlare. L’uomo
trattenne la scure e si chinò a sentire che cosa il tronco dicesse. Un momento
dopo quello ricominciò a parlare e disse: “Spaccatemi in pezzi grandi, non in pezzi
piccoli!”. Quando poi fecero il sacro Concilio di Trento, benedissero le
piante, le pietre e gli animali e da allora in poi non parlarono più né piante
(legni), né pietre, né bestie."
Tratto da: I racconti di Luserna, già raccolti da J. Bacher,
a cura di Alfonso Bellotto, edito dal Circolo culturale M. Gandhi di Luserna e
dall’Istituto di cultura cimbra “A. Dal Pozzo” di Roana.
Questo racconto è straordinario perché ci parla della
separazione, di quando cioè il mondo della magia e quello della realtà si sono
staccati, o, per dirla in altre parole, quando ha iniziato ad essere operativo
il processo di secolarizzazione del reale. Un processo che ha eliminato dalla
realtà delle cose qualsiasi residuo di panteismo, ma anche, un po’ alla volta,
la possibilità di riconoscere i segni del mondo spirituale quando vanno
incontro e si mostrano all’essere umano. E’ interessante che il processo sia
collegato al Concilio di Trento e alla benedizione come gesto che
confina le cose, le piante e gli animali in un mondo inanimato e chiuso, non
più dialogante con l’uomo, non più percepibile.
Questa fiaba è sicuramente molto antica. Lo si vede nella
sua brevità, quasi nell’icasticità di certe sue modalità di racconto, come
l’incipit e la conclusione. Lo si vede nel fatto che è più importante il
contesto (la definizione di un mondo in cui le piante parlavano) che il
racconto vero e proprio (cosa è successo poi? L’uomo ha ascoltato la richiesta
del tronco? Che ne ha fatto dei pezzi?).
Teologicamente parlando, che ne possiamo trarre? Che la
secolarizzazione, distinguendo spietatamente tra gli esseri, ha distrutto
l’incanto del mondo (permettendo l’avvento dell’età industriale), quell’incanto
e quella comunione di vita che si cercherà di recuperare solo secoli dopo...in maniere diverse, a volte più, a volte meno opportune.
venerdì 24 agosto 2012
Raccontare gli alberi, di Pia Valentinis e Mauro Evangelista
La copertina del volume, che ha la dimensione di un foglio A3. Impossibile leggerlo con un bimbo sulle ginocchia.... |
A volte aspetti tanto un libro, ne senti parlare, vieni a sapere che ha vinto premi, avuto riconoscimenti e ricevuto critiche entusiastiche, cerchi di procurartelo, finalmente lo trovi in biblioteca...e sospiri di sollievo per non averlo comprato.
E' il caso di "Raccontare gli alberi", di Pia Valentinis e Mauro Evangelista. Intendiamoci, non è un brutto libro, tutt'altro. Grande formato (anche troppo grande: difficile da maneggiare e la dimensione non mi pare necessitata dalle immagini contenute), ottima grafica e cura redazionale, buona rilegatura. Certo, per € 24 vorrei vedere che fosse tutt'altro: insomma, corrisponde a una cena per due in agriturismo tipico, scusate la prosaicità. Comunque, il libro è ben curato.
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Sì, è lei...la pagina con L'infinito di Leopardi. Ma perché mi pare così poco marchigiano questo paesaggio? |
Tuttavia mi aspettavo di più. Mauro Evangelista abbandona le illustrazioni che me l'hanno reso caro (quelle, ad esempio di "Volta la carta", edizione Gallucci con cd) e si mette alla prova con un tratto più scabro, essenziale, che a volte mi conquista, altre volte mi lascia...direi attonita da quanto poco l'immagine mi dice. Esempio: l'illustrazione del mandorlo è per me stupenda, quella del limone a fianco...non altrettanto. Non posso indicare le pagine perché non le hanno messe. No, no, lo spazio per il numero di pagina c'era. Ma insomma.
Le poesie sono ben scelte, peccato che a volte se ne abbiano solo pochi versi. Non mi è piaciuto invece che ci fossero informazioni e pensieri sparsi qua e là, in grafie diverse, come a voler riprodurre un taccuino d'appunti di un botanico amante della poesia (o di un poeta amante della botanica) di secoli passati. Mah.
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Bellissima illustrazione, con poesia di Ada Negri. Cara Ada Negri, ti leggevo sull'antologia delle scuole medie di mia madre... |
Insomma, sia per il formato che per lo scopo (unire illustrazioni d'artista a brani poetici), non ho potuto non paragonarlo a "Poesie alla luna", di cui ho parlato in questo blog, e purtroppo mi è parso inferiore. Lo scopo era ancora più alto (unire anche informazioni, ricordi, racconti), ed era lodevole, ma non è stato raggiunto appieno, secondo me: perdendo l'estrema sinteticità e icasticità dell'altro volume, se ne è persa anche buona parte del fascino. Ma vale la pena prendere in mano questo libro, sfogliarlo, leggere (le poesie e le annotazioni botaniche, non gli altri pensieri sparsi) e apprezzare le illustrazioni, perché (spero capiterà anche a voi) si ritrovano alcuni amici.
Ulivo. I nostri ulivi. |
Omero, oleastro, il fico che fruttifica due volte l'anno, alla mietitura (sì, ora!) e alla vendemmia, i limoni di Montale, Jabès, il mito di Fetonte, l'irresistibile aroma del tiglio, Salix babylonica, tossico da tasso, Filemone e Bauci, book e Buch che vengono da "bok", l'antico germanico nome del faggio, con cui i veneziani facevano i loro remi, i pali di larice su cui poggia Venezia, e questo passo bellissimo alla fine: "Il pino cembro, Pinus cembra, è una specie pioniera. Molto resistente alla siccità, al freddo e ai terreni poveri, si spinge solitario a esplorare le possibilità di sopravvivenza. Si insedia e attorno a lui nascono altre forme di vita vegetale". Mi ha fatto venire le lacrime agli occhi.
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"...e gli alberi, draghi neri con occhi di luce nelle paurose creste..." (Antonia Pozzi) |
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