Traggo da
http://www.readaromancemonth.com/2015/08/grace-burrowes-writing-for-the-joy/
questo splendido post di Grace Burrowes, che traduco (senza dizionario, quindi perdonate le imprecisioni...).
C'era una volta la gioia...
Uno dei primi acronimi che ho udito come aspirante autrice di romanzi è stato BBM. Ho quattro fratelli, e così ho pensato : "Il che?!"
In parte avevo ragione. L'acronimo sta per Big Bad Moment (il grande, brutto momento) e si riferisce al punto della storia in cui ogni speranza è perduta. Il vero amore - dopo 330 pagine di fatiche, estasi, e ancora fatiche - si trova ferito e solo in una fossa oscura e fangosa. E' il punto in cui il lettore squadra metaforicamente l'autore e dice: "Questo è un romanzo. Non dovevi permettere che succedessero questi casini a due persone che finalmente si erano guadagnate il loro lieto fine!"
Dato che il vero amore non deve MAI essere lasciato nella fossa oscura e puzzolente, il lettore continua a seguire la storia e il lieto fine arriva quaranta pagine dopo, nonostante tutte le difficoltà.
Molte scrittrici dicono che quando riescono a "vedere" il Big, Bad Moment, hanno in pugno il libro. Sanno verso quale traguardo stanno muovendosi, sanno come tirare le fila della storia, hanno in mano il libro. Nondimeno, è una scena difficile da scrivere. Di solito è la scena in cui piangi con i tuoi personaggi.
Perché? Perché avere a che fare con la perdita è uno dei segreti del romanzo. Pensiamoci. Ogni protagonista che amiamo ha sopportato dure perdite - dell'innocenza, della dignità, della sicurezza, di persone amate, di un mondo in cui si stava a proprio agio. Come noi, questi personaggi fanno quello che possono, ma le loro vite sono colpite dalle perdite patite e dal dolore sofferto. Fanno meglio che possono, ma spesso non hanno più il coraggio di rischiare, evitano perciò i legami, controllano tutto ciò che possono, tengono basse le loro aspirazioni.
Poi arriva l'amore, nella forma di qualcuno che può vedere il dolore, e vedere quanto stia costando al protagonista vivere nel dolore o nella paura. Spesso, i due (o più) protagonisti hanno a che fare con ferite simili, ma hanno reagito alla sofferenza in modi diversi...e nessun modo è particolarmente riuscito. La ragazza da festa è sola, il lupo solitario è solo pure lui. Il duca guerriero è stanco, la zitella peperina anche.
Ma l'amore arriva, e così in una vita sicura, limitata, solitaria, stanca, giunge un soffio di qualcosa di dolcissimo - l'accettazione. "Io ti vedo" è il sottotesto di ogni scena d'incontro. "Io ti vedo davvero, vedo te". Così attraenti sono le persone che ci vedono e non distolgono lo sguardo, che l'intimità può tornare ad essere accettata anche in un cuore che aveva deciso di abbandonarla per sempre.
Il coraggio e l'amore sono due facce della stessa medaglia, e nello sviluppo del romanzo l'amore chiede sempre più coraggio, fino a quel momento, in cui anche il coraggio sembra non bastare più. In quel buio momento sono perduti sogni, preghiere, desideri, il ricordo di una vita vissuta col cuore, e il pericolo non è solo il cadere nella fossa di una vita piccola e limitata, ma una tenebra ancora più profonda perché ora anche l'amore è in pericolo oltre alla sicurezza.
Chi sano di mente vorrebbe scrivere storie così terribili? Chi vorrebbe leggerle?
La mia risposta: Tutti coloro che hanno un cuore possono innamorarsi del romanzo, perché la tenacia, l'ingenuità, la determinazione, la resistenza - tutti elementi rivelati da amore e coraggio - porteranno la storia, e le nostre vite, al di fuori di quella fossa. La vita, alla fine del libro, non sarà perfetta, ma sarà piena di amore e accettazione di sé, e da qui viene la vera gioia.
Il romanzo non parla di gente felice nella terra dell'arcobaleno, ma di persone coraggiose nella terra in cui ci si vuole bene. Che ci può essere di più gioioso di questo?
Perciò io scrivo per la gioia, e spero che voi leggiate per la gioia, perché è la gioia che conta.
Once Upon a Joy…
One of the first acronyms I heard as an aspiring romance author was “the B-B-M.” I have four brothers, and so my mind went to, “The big WHAT?”
I was partly right. The acronym stands for the Big Black Moment and refers to the point in the story when all hope is lost. True love—after 330 pages of struggle, bliss, and more struggle—is left bruised and alone in a deep, muddy ditch. That’s the scene where the reader glowers at the author, figuratively, and says, “This is a romance. You weren’t supposed to let this nasty business happen to two people who have finally, finally earned a happily ever after.”
Because true love must NEVER be left in the stinky old ditch, the reader hangs in there, as do the lovers, and the happily ever after arrives forty pages later despite the odds.
Many writers say when they can “see” the Big Black Moment, they have the book. They know what goal they’re writing toward, they know how to wrap up the loose ends, they have the book. Nonetheless, it’s a hard scene to write. If I’m going to cry with my characters, this scene is usually the one that gets to me.
Why?
Because dealing with loss is one of the secrets to romance, and to a happily ever after. Think about it. Every romance protagonist we love has been handed difficult losses—of innocence, of dignity, of security, of loved ones, of a world that worked well for them. Like us, those characters muddle on as best they can, but their lives are diminished by the loss they’ve endured and the pain it still causes. They do the best they can, usually playing it safe, either by avoiding attachments, controlling as much as they can, or keeping their dreams small.
Then along comes love, in the guise of somebody who can see the hurt, and see how much a life lived in fear of more pain is costing the protagonist. Often, the two (or more) protagonists are dealing with similar wounds, but they’ve each tried a different means of coping with the hurt… and neither one is especially successful. The party girl is lonely, the lone wolf is lonely too. The tireless warrior duke is exhausted, the spunky spinster is so sick of being spunky she’s ready to say a lot of very bad words.
But love has arrived, so into that safe, small, lonely, tired life, comes a whiff of something intoxicatingly sweet—acceptance. “I see you,” is the subtext of every meet scene. “I truly, truly see you, bad words and all.” So attractive are the people who see us and don’t look away, that intimacy can now come stealing back into a heart that had decided to never permit that folly again.
Courage and love are two sides of the same coin, and as a romance develops, the stakes for keeping the love demand more and more courage, until that miserable big, black moment, when even courage won’t seem to be enough. What’s lost in that moment is every dream, prayer, wish, and memory of a life lived from the heart, and what threatens is not simply the deep, slippery, stinky ditch of a small life, but a darkness all the more profound because now love is jeopardized along with safety.
Who in their right mind would write such hard, hard stories? Who would READ them?
My answer to those questions: Anybody with a heart can fall in love with romance, because tenacity, ingenuity, determination, and resilience—all wheels turned by love and courage—will get the story, and our lives, up out of the impossible ditch. Life at the end of the book won’t be perfect, but it will be filled with love and self-acceptance, and those are the sources of all true joy.
Romance is not about happy people in Happy Land, but courageous people in We Love Each Other Land. What brass ring could possibly shine more joyously than that?
So I write for the joy, and hope you read for it too, because the joy is what matters.
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